di Roberta Bezzi
Ph. Massimo Fiorentini e Lidia Bagnara

Luca Barboni della CAR FIBRAGLAS

Incontriamo alcuni imprenditori e commercianti ravennati che hanno saputo resistere bene all’emergenza sfruttando l’impennata inevitabile di alcuni settori e convertendosi con lungimiranza in base alle nuove richieste del mercato.

Potrebbero essere definite imprese che resistono, tutte quelle realtà che si sono dimostrare più forti della pandemia, un po’ come se avessero gli anticorpi per reggere alla crisi. Non è cosa da poco se si considera che l’emergenza correlata al Coronavirus, dopo aver terrorizzato il mondo intero a livello sanitario, solo ora sta dispiegando i suoi effetti nefasti a livello economico. Anche a Ravenna, come un po’ ovunque in Italia, ci sono imprenditori e commercianti che hanno saputo resistere bene sfruttando in alcuni casi l’impennata inevitabile di alcuni settori, e in altri la capacità di convertirsi con lungimiranza in base alle nuove richieste del mercato. La speranza è che siano loro, alla fine, a riportare a galla l’economia. Un modello da seguire è certamente quello di Car Fibreglass che, nel momento più nero della quarantena, ha saputo tirar fuori il coniglio dal cappello, inventandosi il Driver Guard, una nuova gamma di paratie para-alito che è possibile installare su auto, taxi, scuola guida, shuttle o veicoli commerciali per il trasporto di persone. Una soluzione per soddisfare le misure di contenimento del Covid-19 che è così piaciuta da far presto moltiplicare le richieste non solo da tutta Italia, ma anche da Stati Uniti, Emirati Arabi e Australia. “Si tratta di una paratia in policarbonato,” spiega Luca Barboni, titolare dell’azienda specializzata in allestimenti di veicoli commerciali, “che è un materiale simile al plexiglass, ma diverso perché meno rigido e che quindi non tende a spezzarsi in caso di urto. Come ci è venuta l’idea? Semplicemente, ascoltando i nostri clienti. Questa è una lezione che ricorderemo per tutta la vita: non c’è bisogno di guardare lontano, basta saper ascoltare e far tesoro dei suggerimenti. Tutto è cominciato a metà aprile, nel momento più buio anche per la nostra azienda, visto che il nostro settore si era in pratica fermato. In breve, abbiamo trovato un rivenditore di lastre di policarbonato e ci siamo messi a studiare un sistema universale per tutte le autovetture, facile da montare e da disinfettare.” Già ai primi di maggio Car Fibreglass è ritornata a pieno organico e, al momento, il Driver Guard è il prodotto più venduto. “La nostra è una storia incredibile,” aggiunge Barboni. “Da un giorno all’altro, ci siamo trovati a doverne produrre 30/40 al giorno, con richieste da ogni continente, grazie alla presenza di nostri agenti in ben 26 paesi. Questa novità ci ha consentito di reggere le perdite degli altri comparti che, altrimenti, sarebbero arrivate fino al 70-80%. Ora possiamo guardare al futuro con un certo ottimismo, certi che la strada giusta sia quella della flessibilità e della grande attenzione al mercato.”

“Come ci è venuta l’idea? Ascoltando i nostri clienti,” spiega Barboni di Car Fibreglass. “Questa è una lezione che ricorderemo per tutta la vita: non c’è bisogno di guardare lontano, basta saper ascoltare e far tesoro dei suggerimenti.”

Se le mascherine, i guanti e il gel igienizzante sono diventati un po’ il simbolo dell’emergenza Covid-19, quasi introvabili in alcuni periodi, lo stesso si può dire dei pannelli protettivi in plexiglass trasparente anti droplet che hanno fatto la loro comparsa un po’ ovunque in uffici, bar, ristoranti, hotel, campeggi, enti pubblici. Per far fronte all’impennata di richieste, anche in tal caso, ci sono aziende che hanno saputo cavalcare l’onda. Come Elios Digital Print di Ravenna che si è inventato anche la colonnina porta gel, venduta in migliaia di esemplari. “A chi ce ne faceva richiesta, abbiamo sempre fornito il servizio di divisori,” racconta il titolare Marco Roselli, “ma nel periodo più nero del lockdown la richiesta è aumentata del 300%. In un mese, abbiamo venduto il plexiglass che in genere vendevamo in un anno. E, proprio grazie a questo prodotto, abbiamo retto. Il problema a un certo punto è che non riuscivamo a soddisfare tutti gli ordini, per l’impossibilità di reperirne abbastanza dai nostri fornitori. Ora la domanda è ovviamente calata, ma restano da soddisfare coloro che si sono mossi un po’ in ritardo per la stagione estiva.” Un altro settore, diventato un po’ la cartina di tornasole dell’emergenza, è poi quello alimentare. Le immagini dei supermercati presi d’assalto nei primi tempi, e le lunghe code per la spesa poi, hanno fatto il giro del mondo un po’ ovunque. Ma l’epidemia non ha ingrossato solo le casse delle grandi catene, ma anche quelle delle botteghe sotto casa, al punto da far emergere un fenomeno tuttora in auge: la riscoperta del negozio di vicinato. “Il nostro negozio di alimentari ha avuto un aumento delle vendite di circa il 30% durante la quarantena,” afferma Valerio Marchesini, titolare della Gastronomia Marchesini. “I motivi sono tanti: anzitutto il bisogno primario di mangiare, poi la paura di restare senza scorte e, ultimo ma non meno importante, il desiderio di libertà. Andare a fare la spesa era uno dei pochi motivi per uscire di casa. Ricorderò sempre l’isteria delle persone nel primo mese di lockdown, dopo hanno imparato a conviverci. Non sapendo come passare il tempo, un po’ tutti si sono trasformati in fornai e pasticceri, così abbiamo venduto prodotti come la farina, il lievito, le uova, lo zucchero e il latte che normalmente non vanno certo a ruba. C’è chi ha fatto scorte così grandi di surgelati, che starà bene per tutta l’estate. L’effetto benefico è proseguito anche in questo ritorno alla nuova normalità perché, in pratica, abbiamo acquisito nuovi clienti.” “La gente ha riscoperto l’amore per il negozio vicino a casa,” conferma Manuele Gabelli della Macelleria & Gastronomia Gabelli. “Anche ora che gli acquisti si sono normalizzati, c’è chi continua a venire da noi e quindi le facce nuove si sono fidelizzate. Anche rispetto all’estate scorsa stiamo vendendo molto di più, probabilmente anche per il fatto che la gente va meno al ristorante e preferisce restare a casa dove cenare in compagnia in libertà. Non potrò mai dimenticare, nelle settimane più difficili, gli anziani che venivano in negozio ogni mattina anche solo per comprare una fettina di carne. Sono gli stessi che ora vedo ogni dieci giorni. Cercavamo di invitarli a rallentare, facevamo un po’ da psicologi.”

L’epidemia non ha ingrossato solo le casse delle grandi catene, ma anche quelle delle botteghe sotto casa, al punto da far emergere un fenomeno tuttora in auge: la riscoperta del negozio di vicinato, come è accaduto per i negozi di gastronomia Marchesini e Gabelli.

SANIFI-COV: IL PROGETTO ANTI COVID-19 DEL TECNOPOLO DI RAVENNA
Anche l’università non è stata a guardare durante l’emergenza Coronavirus. Si chiama Sanifi-Cov, l’innovativo sistema di sanificazione degli ambienti di lavoro ideato dal gruppo di ricerca del Centro Interdipartimentale di Ricerca Industriale Fonti Rinnovabili, Ambiente, Mare ed Energia Ciri Frame, diretto dal professor Andrea Contin, nell’ambito del Tecnopolo di Ravenna. Di cosa si tratta? Di una nuova soluzione tecnologica che può essere attivata in tutti gli ambienti di lavoro chiusi come scuole, ospedali, uffici e mezzi di trasporto. Il sistema combina il riscaldamento dell’aria ad alte temperature con l’emissione di ozono e prevede una successiva depurazione dell’aria con un filtro a carboni attivi e un modulo UV-fotocatalitico. Il progetto ha partecipato al bando regionale Por Fers 2014-2010 ed è stato selezionati tra quelli di cui sarà finanziata la sperimentazione.

Articolo pubblicato su Ravenna IN Magazine 02/2020

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