di Francesca Miccoli
Ph. Ufficio Stampa / Ph. Andrea Bardi

Matteo Nannini

Il pilota forlivese Matteo Nannini a soli 17 anni è già un campione di Formula 3 e domina le piste con una determinazione fuori dal comune.

Un portento con i motori nel sangue, cresciuto a pane e pistoni, inanellando giri su giri nei kartodromi e nei circuiti di mezzo mondo. Matteo Nannini ha appena diciassette anni ma ha già vissuto in maniera intensa, mettendo alle spalle esperienze che i comuni mortali non raccolgono in un’esistenza intera. Pilota di Formula 3, anticamera della massima categoria delle monoposto su pista, è già finito nel mirino delle Academy, che crescono e svezzano i giovani talenti in vista del salto nell’Olimpo delle quattroruote: quella Formula 1 vagheggiata da tutti gli appassionati di automobilismo ma riservata a pochissimi eletti. “Lavoro da sempre in vista di quest’obiettivo,” racconta Matteo, un predestinato, come narra la genealogia familiare: il papà Edgardo, che lo segue in pista a qualsiasi latitudine, è stato campione italiano di kart, e la stessa mamma, a sua volta tricolore, vanta trascorsi da eroina del volante. Che i cromosomi non mentano si evince anche dal cognome del baby pilota. “Mio nonno paterno era fratello del papà di Alessandro Nannini,” alfiere della Benetton F.1, consanguineo della rockstar Gianna e talento purissimo quanto sfortunato. E pensare che i genitori di Matteo non avevano incentivato l’avvicinamento del figlio all’universo motoristico. “Da piccolo ho provato diverse discipline sportive, dal nuoto al ciclismo al basket, ma nessuna mi appassionava,” spiega l’adolescente. A tempo debito, ecco la chirurgica incursione del karma. “In occasione di una fiera a Castrocaro, ai bimbi veniva offerta l’opportunità di provare i go-kart: tutto è iniziato da lì.” Papà Edgardo capitola: ai geni non si può far resistenza. “Temeva potesse rivelarsi pericoloso. Ma da innamorato delle monoposto, ha capito subito che la passione era sbocciata.”

Negli occhi di un marmocchietto di appena 6 anni si accende una luce dal bagliore inconfondibile. E il debutto nei kart è l’ulteriore conferma che la saga famigliare è destinata a proseguire: Matteo s’impone in ogni campionato a cui partecipa. “Ho vinto nella 50 cc, nella 60 e nella 125. In quest’ultima categoria ho gareggiato grazie a una speciale deroga dell’Aci perché non avevo ancora l’età prescritta dal regolamento.” Tra i ragazzi al via, è sempre il più giovane e precoce. Attualmente Nannini milita in Formula 3, l’anticamera della Formula 1. “Corro con il team svizzero Jentzen Motorsport, con cui mi trovo molto bene.”

La velocità è nel DNA della famiglia. È parente di Alessandro Nannini, il campione di Formula 1 fratello della rockstar Gianna Nannini. E anche papà e mamma sono stati assi del volante: ai geni non si può far resistenza.

Matteo Nannini

La nuova avventura è subito all’insegna dei migliori auspici: dopo un breve rodaggio, ecco un podio e una pole position. Tra gli spettatori amorevolmente interessati, il cugino Alessandro. “Siamo in contatto costante. Ogni tanto mi segue in pista, l’ultima volta in Bahrein. Mi dà consigli su come fare il tempo e affrontare i circuiti che non conosco. Gli scrivo spesso, gli mando foto. Tuttavia mi sono accorto che, dopo l’incidente in elicottero, parlare di auto lo fa ancora soffrire.”

L’ultimo gran premio disputato dal senese è datato 1990 e all’epoca Matteo, classe 2003, non era nemmeno nei pensieri di mamma e papà. “Ho visto solo qualche video su Youtube.” Se i VHS appartengono alla preistoria nella mente di un figlio del terzo millennio, non sono certo quei pochi fotogrammi a rapire il cuore del ragazzino. “Sandro, al pari di Niki Lauda, rappresenta un modello per la forza che è riuscito a trovare in sé stesso dopo l’incidente, tornando addirittura a correre sia pure in una categoria diversa.” Il punto di riferimento di oggi è invece il glaciale Lewis Hamilton, portacolori delle
frecce d’argento, prossimo a eguagliare il record di titoli mondiali vinti da un certo Schumacher. Un mito solo apparentemente lontano. “In occasione delle gare frequentiamo gli stessi circuiti e se una volta mi intimorivo al cospetto dei grandi campioni, oggi, caratterialmente più aperto rispetto a un tempo, mi avvicino in maniera più disinvolta. In fondo, io sono quello che loro erano qualche anno fa.”

Con il campione inglese Matteo condivide la freddezza e la capacità di reggere la pressione. “L’allenamento, fondamentale, non è strutturato solo su prove in pista ma riempie le mie giornate sotto forma di preparazione atletica, tra il Fisiology di Forlì e la mountain bike, la palestra ‘mentale’ del dottor Ceccarelli a Viareggio, dove imparo a gestire le emozioni e tenere alta la concentrazione, e il Wave Racing Simulator Center di Verona. Con il mio istruttore Marco Zipoli simulo ogni situazione che si presenterà in pista durante il week end: dalle prove libere alla gara, dal giro perfetto in qualifica al gran premio. Le gomme si usurano subito ed è difficile riuscire a gestirle e sfruttarle al massimo. Inoltre la Formula 3 è molto competitiva, dal primo al trentesimo in griglia c’è al massimo un secondo, siamo racchiusi tutti in pochi decimi.”

Velocissimo sull’asciutto e sul bagnato, in gara come in qualifica, Matteo non conosce la paura. “Fino a oggi fortunatamente non ho avuto gravi incidenti, solo qualche collisione senza conseguenze. La mamma, che è la mia più grande fan, viene ai gran premi quando il lavoro lo consente (al pari del papà lavora alla Celli, l’azienda di famiglia, N.d.A.), ma non guarda il via, teme l’imbuto in fondo al rettilineo di partenza. Il babbo invece è sempre al mio fianco, mi dà consigli, se faccio errori si arrabbia. Come a Monza, quando a causa di un sorpasso azzardato ho perso la terza posizione e compromesso la gara.”

“L’allenamento? Non è solo in pista. Faccio preparazione atletica e palestra ‘mentale’ per imparare a gestire le emozioni e tenere alta la concentrazione. Inoltre simulo ogni situazione che si presenterà in pista durante il week end.”

Matteo è meticoloso e palesa una maturità e un equilibrio anomali per un adolescente, capace di non abbattersi nella sventura e non esaltarsi nel successo. Uguale, serena, dedizione mette nello studio. “Sono iscritto alla quarta liceo scientifico a indirizzo sportivo e quando sono a casa dedico tutto il tempo ai libri. Anche perché mamma è molto severa da questo punto di vista. La didattica a distanza durante l’emergenza sanitaria mi ha permesso di seguire le lezioni dal Bahrein, dove sono rimasto bloccato quasi un mese.”

Il giovane Nannini è molto legato alla sua città e torna a casa non appena possibile, “anche solo per una sera, a costo di fare 200 km in più.” Nel 2019 il sindaco Gianluca Zattini lo ha proclamato ambasciatore dello sport forlivese. Essere spesso oltreconfine, dover rinunciare a qualche pizza e alla pratica del pericoloso downhill sono sacrifici sopportabili. “Non mi pesano perché ho il privilegio di fare ciò che desidero.” L’aspirazione a breve termine è quella di trovare un “grande sponsor poiché in questo mondo il supporto economico è fondamentale.” Quale sia l’obiettivo a lungo termine, lo si può facilmente intuire. E a 17 anni sognare è doveroso. Soprattutto se, come nel caso di Matteo, il sogno è davvero a portata di mano.

Articolo pubblicato su Forlì-Cesena IN Magazine n. 03/2020

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